Brain Wars: The Scientific Battle over the Existence of the Mind and the Proof That Will Change the Way We Live Our Lives (Inglese) 1 mar 2013
di Mario Beauregard (Autore)
Questo articolo è tratto dal nuovo libro “The Brain Wars” (Le guerre del cervello), edizioni Harper One.
Traduzione a cura della redazione di coscienza.org - Erica Dellago
Nel 1991, la cantautrice Pam Reynolds di Atlanta si trovò in uno stato di grande confusione, perse la capacità di parlare, ed ebbe difficoltà a muovere il corpo. Una Tac dimostrò che aveva avuto un aneurisma dell'arteria - un vaso sanguigno molto dilatato nella parete della sua arteria basilare, vicino al tronco encefalico. Se fosse scoppiato, fatto che avrebbe potuto accadere in qualsiasi momento, l'avrebbe ucci¬sa. Ma anche un intervento di chirurgia standard di drenaggio e riparazione avreb¬be potuto ucciderla.
Senza altre possibili alternative, Pam fece l’ultimo, disperato tentativo con un rime¬dio offerto dal neurochirurgo Robert Spetzler presso il Barrow Neurological Institute di Phoenix, in Arizona. Il Dottor Spetzler era uno specialista e pioniere nell’arresto cardiaco ipotermico - una procedura chirurgica audace soprannominata “Standstill Operation”. Spetzler avrebbe portato il corpo di Pam a una temperatura così bassa che sarebbe stata sostanzialmente morta. Il suo cervello non avrebbe funzionato, ma a questa temperatura sarebbe stato in grado di sopravvivere più a lungo senza ossigeno. La bassa temperatura avrebbe anche ridotto la dilatazione dei vasi san-guigni, permettendo di intervenire su di loro con minor rischio di rottura. Quando l’intervento fosse stato completato, il team chirurgico l’avrebbe riportata a una tem-peratura normale prima che si potesse creare un danno irreversibile.
In buona sostanza, Pam accettò di morire per salvare la propria vita - e in corso d’opera, ha avuto quello che è forse il caso più famoso di conferma indipendente di percezioni documentate di esperienza fuori dal corpo (O.O.B.E.). Questo caso è particolarmente importante perché il cardiologo Michael Sabom potè verificare con il personale medico i dettagli cruciali dell’intervento chirurgico che Pam fu in grado di riferire. Ecco cosa accadde.
Alle 7.15 del mattino Pam fu portata in sala operatoria, le fu somministrata l’aneste¬sia generale, e perse rapidamente coscienza. A quel punto, Spetzler e il suo team di oltre 20 medici, infermieri e tecnici iniziarono il lavoro. Lubrificarono gli occhi di Pam per prevenire la disidratazione, e glieli sigillarono col nastro adesivo. Collegarono gli elettrodi dell’EEG (elettroencefalogramma) per monitorare l'attività elettrica della sua corteccia cerebrale. Inserirono piccoli altoparlanti preformati nelle sue orecchie fissandoglieli con garza e nastro. Gli altoparlanti avrebbero emesso ripetutamente schiocchi da 100 decibel – più o meno il rumore prodotto da un treno espresso in velocità -, eliminando i rumori esterni e misurando l'attività del suo tron¬co encefalico.
Alle 8.40 scoperchiarono il vassoio dei ferri chirurgici, e Robert Spetzler iniziò a ta-gliare il cranio di Pam con una speciale sega chirurgica che produceva un rumore simile a un trapano dentistico. In quel momento, disse Pam più tardi, sentì se stessa uscire fuori dal corpo e librarsi al di sopra, osservando i medici lavorare sul suo corpo.
Benché avesse occhi e orecchie fuori uso, descrisse le sue osservazioni in termini di sensi e percezioni. “Ho pensato che il modo in cui avevano rasato la mia testa era molto particolare”, disse. “Avevo immaginato che mi avessero tolto tutti i capelli, ma non lo avevano fatto”. Descrisse anche con notevole accuratezza e precisione il segaossa Midas Rex (“L’oggetto a sega di cui odiavo il suono sembrava uno spaz-zolino da denti elettrico e aveva un’ammaccatura”) e il suono da trapano dentisti¬co che emetteva.
Intanto, Spetzler stava rimuovendo la membrana più esterna del cervello di Pame¬la, aprendola con le forbici. All'incirca alla stessa ora, un cardiochirurgo donna sta¬va cercando di localizzare l'arteria femorale all'inguine destro di Pam. Incredibil¬mente, più tardi Pam affermò di ricordare una voce femminile dire: “Abbiamo un problema. Le sue arterie sono troppo piccole”. E poi una voce maschile: “Prova dall'altra parte”. Le cartelle cliniche confermano questa conversazione, eppure Pam non poteva averle sentite.
Il cardiochirurgo aveva ragione – i vasi sanguigni di Pam erano effettivamente trop¬po piccoli per accogliere l’abbondante flusso sanguigno richiesto dalla macchina per bypass cardiopolmonare, così alle 10.50 venne inserito un tubo nell’arteria fe¬morale sinistra di Pam, e collegato alla macchina per bypass cardiopolmonare. Il sangue caldo fluiva dall'arteria nei cilindri della macchina per bypass, dove veniva raffreddato prima di essere restituito al suo corpo. La sua temperatura corporea co¬minciò a scendere, e alle 11.05 il cuore di Pam si fermò. L’EEG delle sue onde cerebrali si appiattì in un silenzio totale. Pochi minuti dopo, il suo tronco cerebrale diventò totalmente inerte, e la sua temperatura corporea scese a un sepolcrale 60 gradi Fahrenheit. Alle 11.25, il team inclinò la testa del tavolo operatorio, spense la macchina per bypass, e drenò il sangue dal suo corpo. Pamela Reynolds era clinicamente morta.
A questo punto, l’avventura fuori dal corpo di Pam si trasformò in un’esperienza di pre-morte (NDE): Pam ricorda se stessa fluttuare fuori dalla sala operatoria e viaggiare attraverso un tunnel con una luce. Vide parenti e amici defunti, inclusa la nonna morta da lungo tempo, attendere alla fine di questo tunnel. Registrò la presenza di una luce brillante, meravigliosamente calda e amorevole, e sentì che la sua anima faceva parte di Dio e che tutto ciò che esiste è stato creato dalla luce (il respiro di Dio). Ma questa straordinaria esperienza s’interruppe bruscamente, mentre lo zio defunto della Reynolds la riportò indietro nel suo corpo - una sensazione che Pam ha descritto come “immergersi in una vasca di ghiaccio”.
Nel frattempo, in sala operatoria, l’intervento chirurgico era terminato. Quando tutto il sangue era stato drenato dal cervello di Pam, l'aneurisma era semplicemente collassato e Spetzler lo aveva eliminato. Ben presto, la macchina per bypass fu ac-cesa e il sangue caldo fu pompato di nuovo nel suo corpo. Quando la sua tempera¬tura corporea cominciò a salire, il suo tronco cerebrale cominciò a reagire agli alto¬parlanti che schioccavano nelle sue orecchie e l’EEG registrò attività elettrica nella corteccia. La macchina per bypass fu spenta alle 12.32. La vita di Pam era stata ripristinata, e alle 14.10 fu portata in sala di recupero in condizioni stabili.
Racconti di esperienze ultraterrene hanno apparentemente sempre fatto parte delle culture umane, ma le NDE in quanto tali arrivarono all’attenzione pubblica più am¬pia per la prima volta nel 1975 attraverso il famoso libro “Life After Life” dello psi¬chiatra e filosofo americano Raymond Moody. Presentò oltre 100 casi di persone che avevano sperimentato esperienze mentali vivide e lucide in punto di morte o durante la “morte clinica” e che successivamente si erano riprese per raccontare la storia. Le loro esperienze erano incredibilmente simili, e Moody coniò l’espressione NDE per riferirsi a questo fenomeno. Il libro fu popolare e controverso, e la ricerca scientifica delle NDE ebbe inizio subito dopo la sua pubblicazione con la fondazione, nel 1978, della International Association for Near Death Studies - IANDS (associazione internazionale studi pre-morte) - la prima organizzazione al mondo dedicata allo studio scientifico delle NDE e del loro rapporto con la mente e la coscienza.
Le NDE sono le esperienze vivide, lucide, realistiche, che il più delle volte cam-biano in modo profondo la vita di uomini, donne e bambini che sono stati fisiolo-gicamente o psicologicamente in punto di morte. Possono essere provocate da ar-resto cardiaco e coma da danno cerebrale, intossicazione o asfissia. Possono verificarsi anche in seguito ad eventi quali la folgorazione, complicazioni da inter-vento chirurgico, o gravi emorragie durante o post parto. Possono verificarsi an¬che come conseguenza di incidenti o malattie in cui gli individui hanno reale pau¬ra di morire. Indagini condotte negli Stati Uniti e in Germania indicano che circa il 4,2 percento della popolazione ha dichiarato di aver vissuto una NDE. E’ stato inol¬tre stimato che negli ultimi 50 anni oltre 25 milioni di individui in tutto il mondo hanno vissuto una NDE.
Le NDE vengono vissute da persone di ogni ceto e pensiero. Gli studi indicano che le NDE non sono influenzate da sesso, razza, status socio-economico, o li¬vello d’istruzione. Anche se le NDE sono a volte presentate come esperienze reli¬giose, pare siano questione di percezione individuale. Inoltre, i ricercatori non hanno trovato alcuna relazione tra religione e NDE. Cioè, non aveva nessuna im¬portanza che le persone reclutate per quegli studi fossero cattoliche, protestanti, musulmane, induiste, ebree, buddiste, atee o agnostiche.
Anche se i dettagli possono variare, le NDE sono caratterizzate da un certo tipo di caratteristiche principali. Probabilmente la più intensa è l'O.O.B.E.: la sensa¬zione di avere lasciato il proprio corpo e di guardare ciò che accade attorno al proprio corpo o, a volte, in qualche luogo fisicamente distante. Durante le espe¬rienze extracorporee (O.O.B.E.), coloro che sperimentano la NDE sono spesso sorpresi di scoprire che hanno conservato la consapevolezza, la percezione, il pensiero lucido, la memoria, le emozioni, e il senso di identità individuale. Anzi, questi processi sono intensificati: il pensiero è vivido e lucido, l'udito è acu¬to, e la visione può estendersi a 360 gradi. Quelli che hanno vissuto la pre-morte affermano che, senza il corpo fisico, sono in grado di penetrare attraverso i muri e le porte e proiettare se stessi ovunque vogliano. Spesso segnalano la capa¬cità di leggere il pensiero degli altri.
Gli effetti delle NDE sono intensi, travolgenti e reali. Una serie di studi condotti negli Stati Uniti, nei Paesi dell'Europa occidentale e in Australia ha dimostrato che la maggior parte dei ritornati sono profondamente e positivamente trasformati dall'esperienza. Una donna dice: “Sono totalmente cambiata dopo l'incidente. Un'altra persona, a detta di chi mi viveva accanto. Sono felice, rido, apprezzo le piccole cose, scherzo, sorrido molto, sono diventata amica di tutti ... così total-mente diversa da come ero prima”.
Per quanto diverse fossero le loro personalità prima della NDE, quelli che l’han¬no vissuta tendono a condividere un profilo psicologico simile dopo averla avu¬ta. In effetti, le loro opinioni, i loro valori, i loro comportamenti, e la loro visione del mondo sembrano completamente uguali in seguito. È importante sottolineare che questi cambiamenti psicologici e comportamentali non sono il tipo di cambiamento che ci si aspetterebbe se questa esperienza fosse un'allucinazione. E, come il noto ricercatore di NDE Pim Van Lommel e i suoi colleghi hanno dimostrato, questi cambiamenti diventano più evidenti con il passare del tempo.
Alcuni scettici sostengono legittimamente che il problema principale delle testi-monianze delle percezioni O.O.B.E. è che spesso si basano unicamente sulla te-stimonianza del ritornato - non esistono conferme indipendenti. Dal punto di vi¬sta scientifico, queste auto-dichiarazioni restano non probanti. Ma nel corso de¬gli ultimi decenni, alcune auto-dichiarazioni dei ritornati sono state convalida¬te in modo indipendente da testimoni, come quella di Pam Reynolds. Una del¬le più note tra queste percezioni NDE – percezioni che è stato provato coinci¬dere con la realtà - è l'esperienza di una donna di nome Maria, il cui caso è stato documentato per la prima volta dalla sua assistente sociale di terapia intensiva, Kimberly Clark.
Maria era una lavoratrice immigrata che subì un grave attacco cardiaco mentre era in visita da amici a Seattle. Fu ricoverata al Harborview Hospital nel reparto di terapia coronarica. Pochi giorni dopo, ebbe un arresto cardiaco, ma fu rapidamente rianimata. Il giorno seguente, la Clark andò da lei. Maria le raccontò che nel corso dell’arresto cardiaco era stata in grado di osservare dal soffitto e vedere l'equi¬pe medica al lavoro sul suo corpo. Maria raccontò che a un certo punto di questa esperienza, si trovò fuori dall'ospedale e scorse una scarpa da tennis sul da-vanzale del terzo piano sul lato nord del palazzo. Fornì alcuni dettagli concernenti l’aspetto, osservando che uno dei lacci era bloccato sotto il tallone e che l'area del mignolo era logora. Maria voleva sapere con certezza se avesse "realmente" visto quella scarpa, e pregò la Clark di cercare di localizzarla.
Piuttosto scettica, la Clark andò nel luogo descritto da Maria - e trovò la scarpa da tennis. Dalla finestra della sua stanza d'ospedale non sarebbe stato possi¬bile discernere i dettagli che Maria aveva raccontato. Ma al ritrovamento della scarpa, la Clark confermò le osservazioni di Maria. “L'unico modo in cui avrebbe potuto avere tale prospettiva” disse la Clark “era che fosse fluttuata fuori a de¬stra, e a distanza molto ravvicinata dalla scarpa da tennis. Ho recuperato la scarpa e l’ho portata a Maria: per me fu la prova concreta e evidente”.
Questo caso colpisce in modo particolare dato che durante l'arresto cardiaco il flusso di sangue al cervello viene interrotto. Quando ciò accade, l'attività elet-trica del cervello scompare tra i 10 e 20 secondi dopo (secondo quanto misurato con l’ECG). In questo stato, il paziente è in coma profondo. Poiché le strutture cerebrali che mediano le funzioni mentali superiori sono gravemente compromes¬se, ci si aspetta che questi pazienti non siano in grado di ricordare esperienze men¬tali chiare e lucide. Ciò nonostante, gli studi condotti nei Paesi Bassi, nel Regno Unito, e negli Stati Uniti hanno rivelato che circa il 15 percento dei sopravvissu¬ti all’arresto cardiaco segnalano qualche ricordo del tempo in cui erano clini-camente morti. Questi studi indicano che è possibile avere coscienza, percezioni, pensieri e emozioni anche quando il cervello non mostra attività misurabili.
Le NDE vissute da persone cieche sono molto intriganti. Nel 1994, i ricercatori Kenneth Ring e Sharon Cooper decisero di intraprendere una ricerca su casi di percezioni basate su NDE di ciechi. Avevano pensato che tali casi avrebbero rap-presentato la dimostrazione ultima della veridicità delle percezioni durante le NDE. Se una persona non vedente fosse stata in grado di riferire eventi verificabili avve¬nuti mentre era clinicamente morta, significava che si trattava di qualcosa di reale. Intervistarono 31 individui, di cui 14 ciechi dalla nascita. Ventuno dei partecipanti avevano avuto una NDE, gli altri solo O.O.B.E.. Incredibilmente, le esperienze ri-portate erano conformi al modello NDE classico, sia che fossero nati ciechi o avessero perso la vista in età avanzata. I risultati dello studio furono pubblicati nel 1997. Sulla base di tutti i casi studiati, Ring e Cooper conclusero che ciò che accade durante una NDE offre una diversa prospettiva di percepire la realtà che non dipende dai sensi del corpo fisico. Proposero di chiamare questo altro modo di percepire “mindsight”.
Nonostante i resoconti confermati, molti scienziati materialisti si aggrappano alla nozione che le O.O.B.E. e le NDE sono localizzate nel cervello. Nel 2002, il neurologo Olaf Blanke e i suoi colleghi degli Ospedali Universitari di Ginevra e Lo-sanna in Svizzera, descrissero nella prestigiosa rivista scientifica Nature lo strano caso che accadde a una paziente di 43 anni sofferente di epilessia. Poiché i suoi attacchi non potevano essere tenuti sotto controllo con i soli farmaci, venne presa in considerazione la neurochirurgia come passo successivo. I ricercatori impianta¬rono elettrodi nel suo lobo temporale destro per avere informazioni sulla localizza¬zione e l'estensione della zona epilettogena - l'area del cervello che stava causan¬do le crisi – da rimuovere chirurgicamente. Impiantarono anche altri elettrodi per identificare e localizzare, per mezzo di stimolazione elettrica, le aree del cervello che, se rimosse – avrebbero comportato la perdita delle capacità sensoriali, del lin¬guaggio o addirittura la paralisi. Questo tipo di procedura è particolarmente impor¬tante per risparmiare aree cerebrali importanti adiacenti alla zona epilettogena.
Quando stimolarono il gyrus angolare - una regione del cervello nel lobo parietale che si pensa integri le informazioni sensoriali relative a vista, tatto, e equilibrio per darci una percezione dei nostri stessi corpi -, la paziente riferì di aver visto se stes¬sa “sdraiata a letto, dall’alto, ma vedo solo le mie gambe e il tronco inferiore.” De¬scrisse se stessa come “fluttuante” in prossimità del soffitto. Riferì di aver visto le sue gambe “divenire più corte”.
L'articolo ebbe una copertura stampa globale e creò un bel trambusto. Gli editori di Nature si spinsero fino a dichiarare trionfalmente che, a seguito di questo unico stu-dio - che aveva coinvolto un solo paziente – era stata localizzata la parte del cervel¬lo che può indurre l’O.O.B.E..
“E’ un altro duro colpo nei confronti di coloro che credono che mente e spiri¬to siano in qualche modo separati dal cervello”, affermò lo psicologo Michael Shermer, direttore della Skeptics Society (Società degli Scettici), che cerca di sfata¬re tutte le dichiarazioni paranormali. “In realtà, tutte le esperienze derivano dal cer¬vello”.
In un altro articolo pubblicato nel 2004, Blanke e i suoi collaboratori descrissero sei pazienti, tre dei quali avevano sperimentato una O.O.B.E. atipica e incompleta. Quattro pazienti riferirono un’autoscopia - cioè, l’aver visto il proprio doppio dal pun¬to di vista del proprio corpo. In questo articolo, i ricercatori descrissero l’ O.O.B.E. come una disfunzione temporanea della giunzione della corteccia temporale e pa-rietale. Ma, come specificato da Pim van Lommel, le esperienze corporee anoma¬le descritte da Blanke e colleghi comportano un senso falso della realtà.
Le O.O.B.E. tipiche, al contrario, implicano una percezione verificabile (da una po-sizione al di sopra o al di fuori del corpo) degli eventi, quali la propria rianimazione o un incidente stradale, e l’ambiente e i dintorni in cui gli eventi hanno avuto luogo. Sulla stessa linea, lo psichiatra Bruce Greyson della University of Virginia ha commentato: “Dal fatto che la stimolazione elettrica del cervello possa indurre il-lusioni simili all’O.O.B.E. non possiamo dedurre che tutte le O.O.B.E. siano quindi illusioni.”
Gli scienziati materialisti hanno proposto una serie di spiegazioni fisiologiche per spiegare le varie caratteristiche delle NDE. La psicologa inglese Susan Blackmore ha avanzato l’ipotesi di “morte cerebrale”, ovvero che la mancanza di ossigeno (o anossia) durante il processo di morte potrebbe indurre una eliminazione abnorme di neuroni nelle aree cerebrali responsabili per la vista, e che tale anomala elimina¬zione potrebbe generare l'illusione di vedere una luce brillante alla fine di un tun¬nel buio.
Potrebbe essere così? Van Lommel e colleghi hanno obiettato che se l’anossia svolgesse un ruolo centrale nell’induzione di NDE, la maggior parte dei pazienti con arresto cardiaco avrebbe riferito di aver vissuto una NDE. Gli studi dimostrano che questo non è chiaramente il caso. Un altro punto debole di questa ipotesi è che i resoconti di un tunnel sono assenti da diverse spiegazioni di ritornati. Come sottolineato dal famoso ricercatore di NDE Sam Parnia, alcuni individui hanno rife¬rito di NDE non collegate a situazioni di malattia terminale e quindi con livelli nor¬mali di ossigeno nel cervello.
Parnia solleva un altro aspetto: quando i livelli di ossigeno diminuiscono in modo marcato, i pazienti i cui polmoni o cuore non funzionano in modo corretto sperimen-tano uno “stato confusionale acuto”, durante il quale sono molto confusi e agitati e hanno poca o nessuna memoria di ricordi. In netto contrasto, durante le NDE le persone sperimentano coscienza lucida, processi di pensiero ben strutturati, e ra-gionamenti chiari. Ricordano perfettamente la NDE, di solito per diversi decen¬ni. D’atro canto, Parnia sostiene che se questa ipotesi fosse corretta, allora l'illusio¬ne di vedere una luce e il tunnel si svilupperebbe progressivamente mentre i livelli di ossigeno nel sangue del paziente si abbassano. L’osservazione medica, inve¬ce, indica che i pazienti con bassi livelli di ossigeno non riferiscono di vedere né una luce, né un tunnel, né una qualsiasi delle caratteristiche comuni di una NDE discusse in precedenza.
Negli anni ‘90, ulteriori ricerche indicarono che la teoria dell’anossia in relazione alle NDE era una pista sbagliata. James Whinnery, professore di chimica alla West Texas A&M, fu coinvolto in studi che simulavano le condizioni estreme che possono verificarsi durante le manovre di combattimento aereo. In questi stu¬di, i piloti dei caccia furono sottoposti a forze gravitazionali estreme in una centrifuga gigante. Tale accelerazione rapida riduce il flusso sanguigno e, di con¬seguenza, il trasferimento di ossigeno al cervello. In questo modo, induce brevi periodi di non coscienza che Whinnery chiama “dreamlets”. Whinnery ipotizzò che, anche se alcune delle caratteristiche fondamentali delle NDE si ritrovano du¬rante i “dreamlet”, le caratteristiche principali dei “dreamlet” sono una compro¬missione della memoria degli eventi appena prima dell'inizio della perdita di co¬scienza, confusione, e disorientamento al risveglio. Questi sintomi non sono tipi¬camente associati alle NDE. In aggiunta, non vengono riportate trasformazioni di vita in seguito ai “dreamlet”.
Quindi, se il “cervello che muore” non è responsabile delle NDE, potrebbero es¬sere semplicemente allucinazioni? A mio parere, la risposta è no. Osserviamo l'esempio di allucinazioni che possono derivare dall’ingerire ketamina, un farmaco veterinario che viene a volte utilizzato nella terapia ricreativa, e spesso a caro prezzo per l'utilizzatore.
A piccole dosi, l’agente anestetico ketamina può indurre allucinazioni e sensazio¬ni di fuoriuscita dal corpo. Si ritiene che la ketamina agisca principalmente inibendo i recettori N-Metil-D-Aspartico (NMDA), che normalmente si aprono in seguito al le-game col glutammato, il messaggero chimico più fortemente eccitante nel cervello umano. Lo psichiatra Karl Jensen ha ipotizzato che il blocco dei recettori NMDA possa indurre una NDE. Ma le esperienze con la ketamina creano spesso paure, producendo immagini strane, e gli utilizzatori di ketamina sono consapevoli che le esperienze prodotte da questo farmaco sono illusorie. Al contrario, i ritornati sono fortemente convinti della realtà di ciò che hanno vissuto. Inoltre, molte del¬le caratteristiche principali delle NDE non vengono segnalate in caso di uso di ke-tamina. Detto questo, non possiamo escludere che il blocco dei recettori NMDA possa essere coinvolto in alcune NDE.
Il neuroscienziato Michael Persinger ha affermato che lui e i suoi colleghi hanno prodotto tutte le caratteristiche principali della NDE utilizzando una debole sti-molazione magnetica transcranica (TMS) dei lobi temporali. Il lavoro di Persinger si basa sulla premessa che l'attività anormale nel lobo temporale possa scate¬nare una NDE. Un’analisi della letteratura sull’epilessia, tuttavia, indica che le caratteristiche classiche delle NDE non sono associate a crisi epilettiche situate nei lobi temporali. Inoltre, come giustamente sottolineato da Bruce Greyson e dai suoi collaboratori, le esperienze riportate dai partecipanti agli studi TMS di Per¬singer somigliano ben poco alle caratteristiche tipiche delle NDE.
Gli studi scientifici sulle NDE effettuati negli ultimi decenni indicano che funzio¬ni mentali elevate possono essere sperimentate in modo indipendente dal corpo nel momento in cui l'attività cerebrale è notevolmente ridotta o apparentemente assente (come durante un arresto cardiaco). Alcuni di questi studi dimostrano che le persone cieche possono avere percezioni veritiere durante le O.O.B.E. as¬sociate a una NDE. Altre indagini dimostrano che le NDE spesso sfociano in cambiamenti psicologici e spirituali profondi.
Questi risultati sfidano fortemente l'opinione neuroscientifica dominante che mente e coscienza derivino esclusivamente dall’attività cerebrale. Come abbia¬mo visto, questo punto di vista non riesce a spiegare come i ritornati possano sperimentare - quando i loro cuori sono fermi – pensieri vividi e complessi e ac-quisire informazioni veritiere su oggetti o eventi distanti dai loro corpi.
Gli studi sulle NDE indicano anche che dopo la morte fisica, mente e coscienza possono continuare a un livello trascendente della realtà che normalmente non è accessibile ai nostri sensi e alla nostra consapevolezza. Inutile dire che que¬sto punto di vista è del tutto incompatibile con la convinzione di molti materiali¬sti che il mondo materiale sia l'unica realtà.
Estratto con il permesso di “The Brain Wars: The Scientific Battle Over the Exi-stence of the Mind and the Proof That Will Change the Way We Live Our Lives.” per gentile concessione della HarperOne. (“Le guerre del cervello: la battaglia scientifica circa l'esistenza della mente e la prova che cambierà il modo in cui vi-viamo le nostre vite”)
Fonte: http://drmariobeauregard.com/books/the-spiritual-brain-a-neuroscientists-case-for-the-existence-of-the-soul/
Mario Beauregard è professore associato di ricerca presso i Dipartimenti di Psicologia e Radiologia e il Centro di Ricerca di Neuroscienze presso l'Università di Montreal. E’ coautore di “The Spiritual Brain” (La mente spirituale) e di oltre cento pubblicazioni nel campo delle neuroscienze, psicologia e psichiatria.
Fonti di questo articolo:
- Istituto di Ricerca della Coscienza sito Ufficiale di Umberto Di Grazia: http://www.coscienza.org/_ArticoloDB1.asp?ID=1283
- Istituto di Ricerca della Coscienza sito Ufficiale di Umberto Di Grazia: http://www.coscienza.org
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